Sabato 23 Aprile 2016 a Fano (PU) si è tenuta nella Sala ipogea della Mediateca Montanari un’interessante conferenza sull’homeschooling organizzata dalle simpaticissime mamme Petra e Monica.
L’homeschooling, cioè l’educazione parentale, è la pratica di insegnare ai figli al di fuori del contesto fisico scolastico.
Studiare a casa è una realtà sempre esistita, piuttosto numerosa sia in America che in Europa. Non è legale ovunque ma in Italia sì. In Italia le famiglie che praticano l’educazione parentale, a livello di scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, sono un migliaio con numero velocemente crescente.
Abbiamo intervistato la relatrice Erika Di Martino, fondatrice del network www.educazioneparentale.org , giornalista, blogger, insegnante e mamma di 5 bambini, nessuno dei quali è mai andato a scuola.
Fare scuola a casa è una scelta ben ponderata: dei genitori quando i bambini sono piccoli, e ignorano come sia il mondo della scuola, e dei figli quando diventano più grandi e possono decidere autonomamente.
Fare scuola a casa è una scelta naturale per i genitori che desiderano un apprendimento a misura di bambino, dove lo studio rispetta i tempi di crescita e a volte sembra rallentare e quasi fermarsi per alcuni concetti ma anche correre all’impazzata per altri. Vorremmo offrire ai nostri figli la possibilità di non essere limitati in nessuno dei due sensi, né arrancare dietro un treno in corsa né prendere per forza un treno lento e aspettare che faccia tutte le fermate.
Ci sono scuole ottime ed insegnanti ottimi ma la maggior parte non può, per una questione di organizzazione, di numero studenti e di preparazione allo stare con i bambini (più che all’insegnamento) praticare un apprendimento a misura di bambino.
Fare scuola a casa non è per tutti, e bisogna sapere come agire, come organizzarsi, se e quando delegare, conoscere i propri diritti e doveri e fare rete con gli altri genitori.
A chi sconsigliare l’homeschooling? Questa domanda è stata la prima di tante che i genitori presenti hanno rivolto ad Erika. Per i genitori, all’inizio, è quasi più importante sapere di non essere tra gli esclusi piuttosto che informarsi sull’impegno che richiede questa scelta … e allora cominciamo da qui, è sconsigliabile
- Se il bambino è felice di andare a scuola, non lo si toglie da un ambiente dove si trova bene, però si cerca di separare il concetto di buon apprendimento da quello di amicizia perché la scuola non deve essere l’unico luogo dove il bambino ha amici e di conseguenza l’unico motivo per andarci.
- Se i genitori sono in disaccordo. Diventa complicato sia a livello legale sia per le tensioni che si creerebbero in casa
- Se non si ha tempo a sufficienza
Per tutti gli altri è importante informarsi su diritti e doveri delle famiglie e fare rete, potete cominciare:
- Guardando il convegno di Fano
parte 1, parte 2, parte 3, parte 4, parte 5, parte 6
- Leggere i due libri scritti da Erika
- Consultare ed interagire con il network
- Ritrovarsi, chi può, agli incontri regionali e a Rimini, dal 17 al 21 Giugno, presso il camping Maximum dove si terrà la quarta edizione di S-cool, l’evento nazionale di educazione parentale. Questo è il programma
Durante S-cool si parlerà anche di DSA.
Per i bambini DSA l’unschooling può essere una scelta di sopravvivenza familiare. A molti bambini e ragazzi DSA il tempo per apprendere ed esercitarsi a scuola non basta. Ad alcuni serve tutto il pomeriggio e anche la sera per mantenersi in paro. Tutto quel lavoro di recupero in più, che viene svolto insieme ai genitori o ad insegnanti privati il pomeriggio a casa è una specie di homeschooling rigido applicato su una persona già stanca, infatti dopo 6-8 ore di scuola in un ambiente “ostile”, tutti i giorni, come si può pretendere di vedere i ragazzi concentrati ed interessati? Non recuperano mai le forze!
Se la scuola dei vostri figli si trasforma in un parcheggio, pensate a quante ore sprecate, buttate per sempre, che avrebbero potuto utilizzare in altro modo. Voi sprechereste 8 ore del vostro tempo tutti i giorni in una situazione che vi stanca e non porta alcun vantaggio per poi recarvi al lavoro e passarne almeno altre quattro che vi richiedono la massima concentrazione per recuperare le conoscenze non acquisite? Immaginate invece il bambino a casa in un clima di apprendimento costante di unschooling, cioè una situazione dove impara naturalmente, secondo i suoi tempi e curiosità perché tutti i bambini vogliono imparare quando stanno bene e sono felici… viene a cadere la tensione e non si creano più aspettative. In questo stato, con stimoli adeguati, apertura mentale, e metodi compensativi utilizzati per conoscere e non per adagiarsi, i DSA compensano e sviluppano le loro capacità innate.
Tutti i dislessici che studiano a casa prima o poi leggeranno? Non mi sento di dirlo perché significherebbe considerare tutte le persone che non possono leggere uguali mentre siamo tutti diversi. Per quale motivo non posso leggere? Non ci si ammala di dislessia e scegliendo una vita più sana si guarisce ma preservando le forze si possono trovare soluzioni e compensare! Quanti dislessici gravi rimangono tali una volta che non c’è più il parametro della velocità (di apprendimento e di lettura), dopo che si accetta di leggere graficamente utilizzando font ad alta leggibilità (tutti grafemi diversi che non traggano in inganno ribaltati, ruotati e traslati), dopo che si è modificato graficamente l’impaginazione del testo (dimensione, spaziatura, colore del fondo e della font), dopo che si sono utilizzati supporti idonei (il tipo di carta) e la luce naturale… e potendo leggere per se stessi? Vi rendete conto quanto sia importante per la libertà personale avere la possibilità di leggere a proprio piacimento invece che dipendere da una macchina e da un programma o dalla forza di un altro lettore? Se posso impiegare 12 ore felici a leggere un libro che un’altra persona leggerebbe in 2 ore pensate che sia meglio che me lo legga un programma per far prima? Facciamo un paragone…ho un dolore terribile alle gambe e non riesco a correre sul circuito sportivo… posso percorrere il circuito a cavalcioni di un valido aiutante che corra la posto mio, posso anche utilizzare sedie a rotelle con spinta a mano o elettriche per fare tutto il circuito, ma se le mie gambe ci sono, non sono amputate o paralizzate ma fanno solo male, se mi accorgo che posso con calma esercitarmi a camminare sul circuito invece che correre, e che senza pressioni ogni giorno posso permettermi un pezzetto in più, e che il dolore in certi giorni, climi e condizioni è ragionevole o assente, perché dovrei rinunciare al mio diritto a godermi una camminata-corsa sul circuito?
Ricordo le prime letture di Jonathan… no sussidiari, no libri, no giornalini…leggeva le carte da gioco di ruolo! Tutto quello che voleva sapere era concentrato in uno spazio che poteva tenere sotto controllo (stretto e verticale), graficamente accattivante, con le informazioni suddivise in blocchi logici. Apriva il pacchetto di Yu-gi-oh! fuori dall’edicola e si studiava le carte. Leggeva abbastanza velocemente fuori casa, alla luce del sole, e più lentamente al chiuso e con fatica la sera… e molte parole erano complicatissime e non le aveva mai sentite. Così a scuola non leggeva mentre fuori sì. Ora legge raramente libri ma può leggerli 🙂
Ricordo le prime letture di Camilla, tutta diversa da Jonathan, apparentemente molto più in difficoltà del fratello. Lei aveva bisogno di un pezzetto per volta e campo largo. Le proiettavo frasi sulla parete e lei leggeva come se stesse guardando un film al cinema. Lei si portava i libri a scuola ed approfittava del periodo di silenzio per leggere quello che voleva. Legge, con piacere, tanto, libri che trova interessanti, ma mai ad alta voce.
I miei figli vanno a scuola ma quante volte mi sono tormentata perché le ore migliori vengono sprecate per una didattica non funzionante su di loro? Ecco, quando penso a tutto quel tempo perso, così prezioso alla loro età, e alla fatica che bisogna fare a pomeriggio per compensare, mi viene proprio voglia di urlare.
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