“Hai letto il mio libro?”
mi ha chattato AnnaDi Lauro qualche settimana fa
“Non ancora, provo a chiedere alla casa editrice se me lo manda e poi ti dico cosa ne penso”.
“Ho mal di scuola!” di Anna Di Lauro bella la copertina che raffigura un bambino con il mal di mare, proprio quello che provano i bambini DIS quando non possono muoversi.
La casa editrice Armando Editore, gentilissimi, mi hanno inviato immediatamente il testo e, dopo la breve pausa di mal di testa post incidente di macchina, approfittando di un viaggio in treno, l’ho divorato in due ore.
Come per ogni libro che prendo in considerazione con spirito critico, mi armo di matita e sottolineo solo quello che mi colpisce e scrivo ai margini gli appunti. Su 100 pagine sono veramente poche le pagine rimaste intonse, il libro mi ha preso completamente.
Brava Anna, la tua testimonianza è un piccolo capolavoro in cui qualsiasi genitore di DIS rivede se stesso e i suoi figli.
Belle le citazioni ad inizio di ogni capitolo, frasi di G. come “Quand’ero piccolo non sapevo di esistere, credevo di essere solo un pensiero” a quelle di personaggi famosi Eistein “La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre” e Sutton “Il contrario di giocare non è lavorare: è depressione”.
Com’è il libro lo si capisce già nella premessa, quando Anna a pagina 7 scrive “Perchè l’ho fatto?… Forse per descrivere come si vive un disturbo dell’apprendimento dall’altra parte, da quella dei ragazzi e dei loro genitori. Tanti esperti che ne hanno parlato lo hanno fatto dalla loro prospettiva.” Ecco, i genitori hanno bisogno di altre prospettive, di sapere le piccole e grandi cose che succedoo in casa e a scuola, per sentire di non essere i soli, gli unici, che queste cose succedono a tutti i DIS. Anna racconta in tutto il libro queste piccole e grandi cose, le battaglie a scuola, le conquiste a casa, le strategie di studio, andare avanti ed indietro, continuamente, senza mai sapere cosa sarà domani, e lo fa con un linguaggio chiaro e semplice.
Racconta, racconta e ci si ritrova nella sua vita, nelle diagnosi sbagliate, nelle conclusioni affrettate e nei giudizi dei medici, insegnanti, gente in generale che tira fuori scuse che affossano la famiglia (cambi di lavoro, traslochi, arrivo di nuovi figli).
Anna racconta dei mondi paralleli e fantastici di G. , chi dei nostri ragazzi non li ha? Sono luoghi mentali tridimensionali dove rifugiarsi ogni volta che si è stanchi, in crisi, annoiati o si cerca di tenere a bada il mal di mare. Racconta del mal di scuola, che provoca dolori reali, allergie, coliche, mal di testa, febbre alta e disagi enormi diurni e notturni tanto da arrivare al ricovero. Strano che qualunque specialista riconoscerebbe gli effetti del mobbing su un adulto ma nessuno è in grado di riconoscere gli effetti di un “parcheggio in campo minato” su uno studente.
Anna racconta del difficile rapporto con alcune insegnanti, ad esempio a pagina 26 “Loro in fondo erano le maestre. Io per loro solo una madre ansiosa alla difesa di un figlio fannullone” e a pag 56 “i prof non ascoltano, parlano e basta. E i genitori possono solo ascoltare per essere informati, al fine di capire come trasformare il figlio in soggetto scolasticamente idoneo” e pag 57 ” I miei colleghi non danno molto peso alle mamme.-E qui ho scoperto che i proff., oltre a non credere agli alunni, faticano a credere anche ai genitori” concetto che viene ripetuto ancora nel libro, ogni volta che Anna cerca confronto con un responsabile. Racconta i disagi quando la persona di fiducia all’interno della scuola si allontana (malattia, altri impegni), e così vanifica tutto il lavoro di mediazione ed informazione con i colleghi.
Anna racconta di situazioni paradossali, come la gran vecchia balla che tutti devono usare gli stessi strumenti nelle verifiche, e l’occhio chiuso della prof di matematica che non vi svelo e leggerete nel libro a pag. 58. Quanta fatica a costruire per poi vedere tutto distrutto da un supplente con una parola, un gesto, un’incomprensione. Racconta periodi tristi, torna indietro nel tempo, racconta la sua scuola, la sua esperienza e racconta quelle di suo marito, l’agghiacciante situazione del castigo, il bisogno di rendersi invisibili, le bocciature.
C’è una parte bellissima sulla speranza dove cose spesso spiegate in maniera incomprensibile sono veramente alla portata di tutti. Vi auguro di perdervi e riflettere nel capitolo 7, nella conclusione e postfazione nel pensiero visuo spaziale. Nel libro c’è tanto da leggere e da pensare, ed io non posso e non voglio svelare altro consigliandovi di leggerlo.
Mi ritrovo praticamente in tutto il libro ma desidero fare alcune piccole precisazioni dal mio punto di vista: pag 11 sul gattonare. I dislessici gattonano o saltano questa fase da piccoli? I disprassici dislessici a volte saltano questa fase perchè non hanno ancora la coordinazione sx-dx, a volte non gattoneranno mai, a volte lo fanno da più grandi. Non gattonare da piccoli non significa che si è sicuramente anche dislessici. Pag 29 il gioco del tabellinometro, non è chiaro il procedimento e forse Anna lo ha sottointeso, ma quando si sbaglia il risultato è meglio far vedere il risultato corretto prima di rimettere in gioco quella moltiplicazione, altrimenti si memorizza tutto il percorso degli sbagli. Pag 89 e 90 alcuni DIS non hanno alcun problema con i puzzle e li amano ma altri, disprassici e disgrafici, che hanno un problema di percezione dell’immagine, possono amare quelli tridimensionali e solo dopo un bel pò riuscire con quelli bidimensionali riconoscendo finalmente l’immagine.
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